In questo articolo, di stampo prettamente divulgativo, parleremo di sistema immunitario e attività fisica, con particolare riferimento alla popolazione sana ed alle attività sportive, ma non solo.
Indice
Introduzione
Come appassionato, professionista di sport e come ricercatore, cercherò di mantenere un certo rigore sull’argomento, ma allo stesso tempo esporlo nel modo il più comprensibile possibile.
Il periodo che stiamo vivendo in Italia e nel mondo alla stesura dello stesso, è molto particolare, ma anche propizio per prenderci qualche minuto, ora, giornata per pensare e riflettere su aspetti che ci toccano anche tutti i giorni.
Iniziamo con qualche definizione, partendo dalle più semplici per poi addentrarci in semplici basi di fisiologia e anatomia per descrivere il dominio del problema trattato.
Cominciamo col dire che anche se adesso che siamo costretti a casa, sembriamo tutti disperati perché non possiamo allenarci o fare l’attività fisica che siamo soliti svolgere in palestra o nei parchi, in realtà siamo un popolo di sedentari, e tra le prime cause di morte Europee vi è proprio, come causa primaria la sedentarietà.
La prima definizione da apprendere è quella di attività fisica, cioè qualsiasi movimento corporeo che produce energia per mezzo della muscolatura scheletrica.
All’interno della definizione ricade tutto quello che facciamo durante la giornata all’infuori del pensare, quindi passeggiare, giocare, gesticolare, fare le pulizie di casa, alcune tipologie di lavoro ed anche sport.
Fare una vita attiva non significa andare due-tre volte in palestra a fare una attività di qualche tipo, associata allo sport, ma significa muoversi tutto il giorno.
Sebbene sia stata dimostrata l’efficacia dell’attività fisica per contrastare diversi tipi di patologie legate alla sedentarietà, è ancora aperta la discussione sull’influenza del movimento e dello sport sul sistema immunitario, anche se al giorno d’oggi abbiamo delle buone evidenze per poter seguire delle linee guida, messe a disposizione sui vari siti dei sistemi sanitari nazionali e dell’OMS.
Il problema principale, è dovuto alla difficoltà di valutare puntualmente l’effetto che ha il movimento, in acuto per difficoltà sperimentali, vista l’invasività dei metodi ed il numero limitato di partecipanti a questi tipi di ricerche, alla moltitudine delle variabili messe in campo, alla difficoltà di controllare le persone, soprattutto per periodi di tempo elevato, ed anche per i pregiudizi (bias cognitivi), che tutti hanno, anche se involontariamente.
A questo scopo ci vengono in aiuto le revisioni sistematiche, lavori certosini ed accurati, dove veri eroi della scienza, si prendono la briga di selezionare e leggere centinaia o migliaia di articoli, classificarli per validità scientifica, metodi e gruppi, per poi, grazie alla “magia” della statistica, raccogliere i lavori migliori e rielaborarli raccogliendone i risultati e tirare fuori le tanto famose linee guida, che poi troviamo anche sui testi Universitari e sui siti governativi.
Il Sistema Immunitario
Conosciamo a questo punto il primo protagonista, il sistema immunitario e le sue componenti.
Semplificando, si tratta di un complesso sistema di prevenzione e monitoraggio dei parametri vitali atti a difendere l’organismo da agenti patogeni quali virus, batteri, agenti chimici, ma anche traumi.
Gli agenti principali del sistema immunitario sono i Leucociti, i cosiddetti globuli bianchi, prodotti a partire da cellule staminali del sangue (emocitoblasti), presenti nel midollo osseo e nel tessuto linfatico, tra i quali troviamo i linfociti (il nome deriva dalla loro maturazione che avviene nei vasi linfatici e particolarmente nel Timo, tipo T e B), fagociti (a loro volta granulociti, i più comuni sono i neutrofili, e monociti) e NKC; enzimi tipo il Lisozima o lattoferrina, citochine tipo l’interferone ed immunoglobuline, i famosi anticorpi.
È costituito da un sistema innato ed un sistema adattativo.
Il primo consente di avere una risposta immediata all’ingresso di agenti estranei, ma in modo generico e non specifico, il tuttofare a cui ci rivolgiamo per le emergenze, il ragazzo sveglio che ci toglie dagli imprevisti in modo veloce, anche se non efficiente; il secondo, attivato dal primo, consente di sviluppare sistemi di difesa agente specifici, più lento, ma dotato anche di una memoria per riconoscere più velocemente agenti infettivi già incontrati in precedenza, l’artigiano specializzato di decennale esperienza.
Del primo fanno parte:
- NKC ossia, Natural Killer Cells, dei leucociti che attaccano agenti patogeni o cellule colpite uccidendole o imponendo l’appoptosi cellulare, un suicidio programmato;
- Fagociti (neutrofili, eosinofili, basofili, monociti, macrofagi), cellule di grandi dimensioni, presenti in tutto l’organismo che combattono e prevengono le infezioni inglobando l’agente causale;
- Enzimi, hanno la funzione di accelerare o promuovere una reazione che si concretizza nella distruzione dell’agente patogeno;
- Citochine, una classe di glicoproteine (proteine legate ad un carboidrato) prodotte da vari tessuti e cellule, che svolgono le funzioni di mediazione tra le cellule del sistema immunitario e l’organismo, possono avere funzione autocrina, paracrina o endocrina, cioè agire sulla stessa cellula, su cellule adiacenti o su tutto l’organismo, promuovono varie azioni quali la morte cellulare, proliferazione di linfociti, differenziazione etc.
Del sistema adattativo invece:
- linfociti di tipo T(T-helper e citotossici), che principalmente agiscono su una cellula colpita da un agente, i T-helper secernono citochine e coadiuvano le altre cellule nell’identificazione, rimozione ed inattivazione degli agenti esterni, le citotossiche invece agendo direttamente sulle cellule colpite riconoscendone la compromissione attraverso alcune proteine presenti sulla membrana cellulare espressione dei geni MHC (complesso di maggiore istocompatibilità);
- linfociti di tipo B che producono anticorpi;
- immunoglobuline, gli anticorpi, particolari proteine in grado di legarsi agli antigeni dell’agente infettante in modo da disattivarlo o demolirlo.
I meccanismi con il quale il sistema immunitario combatte le infezioni sono attraverso la fagocitosi, inglobando e digerendo l’agente infetto, attaccando direttamente l’agente infetto, producendo sostanze tossiche o reagenti che neutralizzano i corpi estranei, marcando le cellule e gli agenti infetti in modo che i precedenti meccanismi entrino in funzione.
Come vengono condotti gli studi
La maggior parte degli studi da cui attinge questo articolo, si riferisce alla popolazione sana ed in salute, senza particolari problemi, e senza riferimento a categorie speciali o particolari di persone.
Una gran parte confronta sedentari con persone moderatamente allenate e atleti professionisti.
Essendo per lo più review sistematiche, si riferiscono ad altri articoli, comunque presenti in bibliografia.
I metodi di analisi dell’alterazione nell’acuto, riguardano la saliva, il sangue, i secreti delle mucose in generale; alcuni studi sono condotti in gruppi di controllo non randomizzato (NRCT- non random control trial), cioè vengono selezionati sulla base di specifiche richieste a priori.
Questo genera problemi di valutazione e bias, ma in uno studio dove vengono esaminate persone con stili di vita diversi per confrontare i risultati, risulta difficile anche riuscire a fare degli studi controllati randomizzati.
Altri studi sono stati condotti su animali, ed altri analizzano dati in vivo ed in vitro: analisi delle sintomatologie della persona e relativi esami clinici.
Nel cronico sono stati valutati i casi di malattie ed infezioni conclamati o sintomi riferiti, nel periodo di osservazione.
In alcuni casi, sono state monitorati anche gli spostamenti di alcune cellule del sistema immunitario tramite dei marker radioattivi.
È importante comprendere, che le alterazioni in acuto, appena terminata l’attività fisica, non hanno una rilevanza pratica quanto i casi in cronico.
Gli studi riguardano per lo più attività fisica di tipo aerobico, e negli atleti principalmente di endurance quali maratona, triatlon, nuoto, ciclismo.
L’attività contro resistenza, tutte le attività che comportano uno sforzo musocolare massimale o submassimale, sono presenti solo in pochi articoli.
In parte questo è giustificabile, visto l’impatto maggiore delle attività di endurance rispetto a quelle di resistance, considerando che la maggior parte degli sport di squadra hanno comunque una collocazione mista.
Attività fisica, sport e risposta immunitaria
Le evidenze scientifiche sono tutte a favore di una moderata attività fisica.
Rispetto ad uno stile di vita sedentario, uno stile di vita attivo, migliora la qualità della vita e migliora la risposta del sistema immunitario (SI) alle infezioni.
Anche se può sembrare scontato, non lo è affatto, e vari studi si sono susseguiti per quantificare o valutare le modifiche del SI sottoposto a vari livelli di sforzo.
La questione rimane ancora aperta per quanto riguarda il SI degli atleti dopo sforzi intensi.
Poiché l’intensità è un fattore altamente soggettivo, dipendente da vari fattori come l’età, lo stato fisico di una persona, fattori genetici etc, tutte le linee guida parlano in termini generici e di percentuali relative, quando si parla di somministrazione di attività fisica.
In alcuni studi è stato evidenziato un aumento delle infezioni del primo tratto respiratorio (URTI- Upper Respiratory Tract Infection o URI), in pratica raffreddori, riniti e sinusiti, che nel caso di infezioni virali sono provocate per lo più dai comuni virus del raffreddore (famiglie parainfluenza e respirovirus 1 e 3, tra cui anche alcuni coronavirus).
Al riguardo, analizzando alcuni studi, è stato notato un aumento di tali sintomatologie in persone che si allenano più di 7 ore a settimana, mentre una loro diminuzione è stata vista in soggetti allenati per 3-6 ore a settimana.
In atleti che si allenano più di 2 ore consecutive in modo intenso, è stato vista una diminuzione della risposta immunitaria, con diminuzione dei macrofagi polmonari ed aumento di infezioni respiratorie; viceversa, in soggetti che si allenano intensamente per 45 minuti consecutivi, è stato visto un aumento delle cellule del SI, una migliore azione delle citochine e di agenti citotossici (Cellule T-NK etc).
Analogamente, si è visto che chi percorre più di 97 Km a settimana ha il doppio delle probabilità di ammalarsi rispetto a chi ne corre meno di 36, con una forbice molto elevata di posizioni intermedie.
Il rischio è inoltre 6 volte più elevato in chi compete in maratone.
È stato riscontrata anche una diminuzione dei tempi di guarigione in soggetti che facevano una attività fisica moderata, rispetto a sedentari.
In alcuni studi si è vista uno stato di salute generale ed una risposta immunitaria migliore in persone allenate rispetto ad un campione di sedentari ed anche rispetto ad atleti d’élite.
In altri studi pare che il sistema adattativo non sia influenzato dall’allenamento, mentre rimane valida l’assunzione che uno stress cronico intenso diminuisca le risposte immunitarie del sistema innato.
Nei capitoli successivi andremo ad approfondire questi aspetti, che possono in qualche modo ricondurci alla teoria della GAS (General Adaptation Syndrome).
La GAS – General Adaptation Syndrome
Per comprendere i meccanismi di adattamento del corpo, occorre fare un passo indietro e tornare al secolo scorso, quando un Endocrinologo, Hans Selye, propose una interessante teoria, quella della General Adaptation Sindrome, o sindrome dell’adattamento generale.
Selye, formulò la teoria schematizzata nel grafico in Fig.1.
Il grafico ha uno scopo qualitativo e non quantitativo, poiché le variabili in gioco sono talmente tante che non si possono quantificare se non in modo empirico e difficilmente in modo sperimentale e soggette all’individualità, a tal proposito è importante il concetto, si possono trovare grafici con la curva nel mezzo in varie forme più o meno appiattite.
La curva rappresenta la risposta dell’organismo in termine di risorse.
Lo studioso, propose un modello generico relativo allo stress.
Lo stress è la risposta a qualsiasi tipo di azione che tende ad alterare lo stato di omeostasi del soggetto.
Spesso si distingue tra eustress (stress “buono”) e distress (stress “cattivo), in realtà non esiste questa differenza, poiché dipende dalla quantità di agente nocivo che lo genera, e dalla resistenza individuale del soggetto in cui si manifesta.
A sua volta l’omeostasi, è la condizione stazionaria che il nostro organismo tende a mantenere al di là delle condizioni esterne, con dei meccanismi che attuativi di difesa.
La teoria si basa su tre stati: quello di allarme, la fase di resistenza e la fase di esaurimento.
Qualcosa provoca un alterazione dell’omeostasi, la fase di allarme, a cui l’organismo reagisce con misure di sicurezza (risposte ormonali: aumento del cortisolo, adrenalina, diminuzione della glicemia; risposte meccaniche: aumento del battito cardiaco, sudorazione, e tutte le risposte a cascata tipo aumento o diminuzione della temperatura, cambio dell’umore, stato di attenzione etc.) per contrastare la situazione, che si manifesta esternamente con precisi sintomi a seconda del tipo di minaccia; se l’agente stressogeno continua, si ha la fase di resistenza, in cui il nostro corpo attinge alle sue riserve per mantenere l’omeostasi, compensa le difese specifiche (aumento degli enzimi cellulari, ipertrofia muscolare, aumento del volume di ossigeno massimo disponibile etc.), se infine la dose dell’agente esterno sottopone il fisico a stress eccessivi e con quantità crescenti, c’è la fase di esaurimento in cui si ripresentano i sintomi della fase di allarme ed il fisico soccombe se la minaccia non cessa.
Gli esperimenti di Selye, somministravano alla cavia una quantità di agente nocivo sempre maggiore, fino all’esaurimento, ma cosa succede se ci si ferma alla fase di resistenza? Il fisico sopravvive e si rafforza, e qui entra in gioco un altro modello, quello della supercompensazione.
Cosa cambia rispetto all’altro? la quantità di stimolo.
Questo grafico si riferisce alla teoria della GAS nell’allenamento.
Tralasciando il fatto che non sia possibile allenarsi volontariamente fino alla morte, L’allenamento è lo stress che altera l’omeostasi, le risorse diminuiscono ed il corpo mette in atto tutti i meccanismi necessari per ripristinarle, aumentandole nella fase di recupero, in modo da essere pronto in caso vi sia un altro stressor dello stesso tipo o perlomeno della stessa intensità, nel qual caso le risorse per fronteggiarlo saranno adeguate e l’omeostasi non sarà alterata, passato un certo periodo, lo stato di miglioramento indotto dallo stressor, se non si presenta più viene a mancare, e lo stato fisico torna a quello iniziale.
Se invece si ripresenta uno stressor maggiore, la curva si ripete alzando ulteriormente la tolleranza e le risorse disponibili; l’aumento dello stressor (allenamento) va dosato.
Essendo anche questo modello qualitativo, la curva rappresenta la somma di diversi parametri, all’interno del quale vi sono anche il SI e le sue componenti.
Quando si fa uno sforzo non abituale, come allenarsi, si creano alterazioni fisiche nella muscolatura scheletrica e nel sistema cardio vascolare, la richiesta di maggiore ossigeno per i tessuti, il danno muscolare dovuto allo sforzo e la conseguente infiammazione attivano il sistema immunitario per rimediare allo stato di infiammazione dovuto all’allenamento.
Il SI come tutte le strutture coinvolte, cerca di supercompensare, aumentando le risorse messe a disposizione, se l’allenamento non è troppo intenso e intervallato da riposo, il corpo avrà modo di recuperare allo sforzo, riparare i danni e rinforzarsi.
Cosa dicono gli studi sugli atleti
Vediamo cosa dicono gli studi sugli atleti in relazione all’allenamento ed alle modifiche del sistema immunitario e di fare un po di chiarezza al riguardo.
Puntualizziamo che gli atleti d’élite sono atleti che lo fanno per mestiere, con prestazioni di livello nazionale o mondiale, atleti sono le persone che generalmente si allenano e partecipano a gare di livello amatoriale, ma non lo fanno per lavoro, il corridore o il ciclista amatore, piuttosto che il nuotatore o il triatleta.
Secondo alcuni studi, fino al 7% degli atleti d’élite ha un incremento delle URI rispetto ad atleti amatoriali, tra cui il 30%-40% derivate da infezioni virali.
Uno sforzo intenso parrebbe diminuire le cellule NK ed i neutrofili, i linfociti B e T, per diverse ore o giorni successivi.
In alcuni atleti di elite è stata vista una soppressione dei parametri immunologici, diminuzione dei linfociti T citotossici, inoltre atleti con frequenti URI hanno visto delle recidive maggiori rispetto ai gruppi di controllo su non allenati e atleti non d’élite.
Un altro parametro messo in relazione con le infezioni del tratto respiratorio sono la diminuzione di anticorpi di tipo IgA nella saliva.
Vediamo di ragionare su questi punti, che pongono alla luce un problema degli studi epidemiologici, lo studio di una causa che non necessariamente è legata al fenomeno, ma statisticamente più probabile in presenza delle cause principali o di concause.
In generale, non si esaminano i fattori che contribuiscono allo stress dell’atleta.
Questi fattori sono l’ansia dovuta alla gara, un’alimentazione alterata, stress dovuta a viaggi, asma, fattori allergenici.
Inoltre una maggiore suscettibilità alle infezioni è stata riscontrata maggiormente in atleti che partecipano ad eventi massivi, come maratone, gare di triatlon etc, la stessa incidenza si può riscontrare in persone che partecipano a cerimonie religiose, o negli spettatori di eventi allo stadio, quindi la maggiore influenzabilità in questi casi, sarebbe dovuta più alla presenza di molte persone che altro.
Altre importanti evidenze, indicano come l’aumento di infezioni sia correlato anche a periodi di viaggio, in cui l’atleta cambia le sue abitudini, introducendo altri stressor che influiscono sulla performance e sullo stato di salute.
Gli esami clinici possono far pensare ad un abbassamento delle difese immunitarie nell’acuto, aprendo le porte alla famosa teoria della finestra (window theory), una teoria che indica che un atleta ha una finestra temporale che lo espone, nelle ore o giorni successivi alla competizione ad un incremento delle possibilità di infezioni dovute alla temporanea immunodeficienza indotta dallo sforzo intenso protratto per diverse ore.
Si è però visto in molti casi come i sintomi riferiti siano molte volte scorrelati alle analisi cliniche, non mostrandosi in presenza di infezioni e viceversa.
Nell’ultimo caso è possibile spiegare l’infiammazione come dovuta al freddo, asma e allergeni nell’aria.
Si contesta anche come l’IgA non sia indicativo, in quanto varia da soggetto a soggetto ed ha una variabilità elevata anche nello stesso, dipendente da insonnia, stress ambientali, stress psicologici etc.
Un altro studio, controtendenza, ha invece evidenziato come in atleti d’élite internazionali, vi siano una minore incidenza delle infezioni e malattie rispetto ad atleti di livello nazionali. Questo studio evidenzia un altro limite delle ricerche epidemiologiche, un atleta si ammala di meno perché si allena di più, o si allena di più perché geneticamente è meno predisposto alle malattie?
La risposta sembra quasi scontata, ma probabilmente sta nel mezzo, un atleta di livello internazionale è tale perché attraverso l’allenamento riesce a portare alla luce ed a potenziare caratteristiche fisiche innate in lui.
Da qui un’altra teoria, la J-curve, dalla forma dell’andamento del fenomeno, in questo caso una doppia J, nel quale si evidenzia come il sistema immunitario sia più efficiente in persone con una vita attiva rispetto a sedentarie, per poi diminuire in atleti professionisti e riaumentare in atleti d’élite internazionale.
Uno studio ha evidenziato una diminuzione dell’ematopoiesi (produzione di cellule del sangue), soppressione di cellule immuni, riduzione di anticorpi in triatlete i presenza di bassa disponibilità energetica riferita.
In questo caso, le sintopatologie, possono essere legate alla diminuzione di grasso corporeo con conseguente diminuzione della produzione di estrogeni, fattori che contribuiscono anche all’aumento di neoplasie.
In altri studi, è stato evidenziato come la diminuzione di citochine e leucociti nel sangue di alcuni atleti in relazione a sforzi più intensi del solito e duraturi, è dovuta alla redistribuzione in tessuti diversi del corpo, quali organi e tessuto muscolare, evidenziato dalla scintigrafia attraverso dei marker radioattivi.
Sembra invece che l’allenamento induca mobilitazione di emocitoblasti (cellule staminali del sangue), stimolata dalle miochine (citochine rilasciate dalle cellule muscolari), e questo sia in grado di regredire l’immunosenescenza dei linfociti T.
Sebbene vi siano quindi delle evidenze a favore o meno della maggiore incidenza di infezioni e dell’impoverimento del sistema immunitario, vanno studiate più approfonditamente le concause.
Sovrallenamento e immunodeficienza
Evidenze importanti sono state riscontrate nel caso di atleti sottoposti ad overtraining o overreaching.
Nel primo caso si tratta di una vera e propria sindrome che porta alla depressione in cronico del sistema immunitario, oltre ad altri sintomi più o meno gravi di lenta risoluzione, se non con il riposo forzato e l’astensione dall’attività sportiva per molti mesi.
Nel secondo caso si tratta di una condizione temporanea di affaticamento, ricercata per ottenere migliori adattamenti fisici, e risolvibile con qualche giorni di recupero, fino alla settimana.
In questi casi vi è una maggiore incidenza di malattie, riferite anche dalla clinica, con una depressione del sistema immunitario ed altre alterazioni fisiche, aumento degli infortuni, depressione, spossatezza, triade dell’atleta (una sintomatologia che colpisce le donne comprendente amenorrea, riduzione della densità ossea e spossatezza), tempi di guarigione dalle ferite aumentato, diminuzione della capacità di recupero in generale.
Tutte le evidenze per avere un sistema immunitario il più efficiente possibile, diminuendo il rischio di depotenziarlo, portano a quelle che sono le linee guida dell’allenamento, diviso in 6 punti e che saranno familiari a molte persone:
- manipolazione del volume;
- Incremento del volume o dell’intensità del 5%-10% a settimana, soprattutto in inverno;
- Prediligere frequenti e brevi allenamenti a sedute più lunghe;
- Alternare fasi dell’allenamento ad alta intensità con bassa, moderata intensità;
- Prevedere uno scarico del volume ogni 2-3 settimane o ciclo di allenamento.
Per comprendere però la difficoltà di arrivare ad una fase di overtraining e possibile compromissione del sistema immunitario, riporto alcune cause descritte in letteratura:
- allenamento per più di 3 ore al giorno;
- aumento dei carichi o dell’intensità di lavoro maggiori del 30% a settimana;
- mancanza di alternanza tra allenamento leggeri e pesanti;
- mancanza di sedute di recupero;
- nessuna periodizzazione nell’allenamento;
- mancanza di settimane di scarico;
- mancanza di giorni di riposo.
Da qui si evince che siamo tutti salvi, o quasi 🙂
La depressione del sistema immunitario sembra quindi dovuta più allo stress cronico che all’allenamento in se.
Allenamenti contro resistenza e sistema immunitario
Sebbene l’allenamento con sovraccarico (CR) porti a indubbi benefici a tutte le età, pochi studi sono stati fatti in relazione all’influenza sul sistema immunitario.
In genere si associa all’allenamento contro resistenza o con sovraccarichi l’allenamento esclusivamente con pesi, a torto si pensa che l’allenamento a corpo libero sia meno faticoso, e che i pesi facciano male a prescindere.
In realtà l’allenamento cardiovascolare intenso, mette più a dura prova l’organismo di una qualsiasi seduta con i pesi fatta bene.
I pochi studi relativi al SI ed allenamento CR non mettono in luce particolari alterazioni del sistema immunitario post esercizio e differenze significative tra popolazione sedentaria o allenata, pare che i vantaggi siano altri, un mix dei due tipi di attività fisica è la prassi migliore, come riportato da tutte le linee guida che vedremo in seguito.
Anziani, sport e sistema immunitario
Lo sport negli anziani è sempre consigliato per prevenire la sarcopenia, osteoporosi e malattie cardiache e immunosenescenza: le prime due principalmente con esercizi contro resistenza, le ultime con l’esercizio aerobico e di endurance, un tipo di allenamento influisce sull’altro positivamente.
Su studi condotti su soggetti anziani (>60 anni), è stato rilevato che la somministrazione di attività fisica per 12 settimane, non ha riscontrato particolari differenze rispetto al campione di controllo su soggetti comunque sani.
Altri studi hanno evidenziato che su anziani con una vita attiva, vi è una minore incidenza di malattie infettive rispetto al campione di riferimento con una vita più sedentaria, ma considerata comunque sana.
Questo ci suggerisce che gli adattamenti indotti dall’allenamento, hanno bisogno di tempo per attuarsi e che occorre modificare le abitudini di vita con dei modelli sani in cui attività fisica e alimentazione corretta ne siano alla base.
Malattie croniche e attività fisica
Sono stati fatti diversi studi sull’effetto dell’attività fisica su persone affette da patologie croniche, quali immunodeficienza, problemi cardiaci, trapiantati etc.
Alcune evidenze sembrano suggerire un moderato miglioramento del SI in pazienti affetti da HIV, in una fase iniziale o prima del manifestarsi dei sintomi, altre evidenze invece non hanno riscontrato particolari differenza con il campione di controllo.
Nei trapiantati, soprattutto nelle fasi iniziali, è stato anche in questo caso evidenziato una diminuzione del rigetto attraverso l’attività fisica, si pensa dovuto alla parziale quiescenza dei recettori MHC (complesso maggiore di istocompatibilità) nelle cellule linfatiche.
Anche se le evidenze possono essere poche, l’attività fisica resta altamente consigliata in questi soggetti, in quanto i vantaggi sono comunque maggiori degli eventuali problemi.
Allenamento e alimentazione
Si è provato a mettere in correlazione l’integrazione in soggetti sportivi con il miglioramento del SI.
Molti integratori, come la vitamina C, glutamina o altre sostanze tipicamente utilizzate nell’integrazione, non hanno portato a nessun miglioramento o vantaggio rispetto a chi non ne assume.
L’unica integrazione che ha portato a qualche beneficio, è stata l’integrazione pre, intra e post allenamento di carboidrati, che ha ridotto la concentrazione nel sangue di cortisolo, catecolamine (adrenalina, noradrenalina…), gh, che hanno una funzione soppressiva sul sistema immunitario e aumentando la glicemia.
è importante considerare questa situazione nell’acuto, in sport di endurance durante una gara o in allenamento in attività di svariate ore consecutive.
Linee guida e conclusioni
Anche se ci sono alcune cose da approfondire, gli strumenti per avere delle linee guida li abbiamo, almeno finché resteranno valide le considerazioni fatte finora o finché non ci sarà qualche studio importante che le contesti.
Resta appurato che una vita attiva potenzia il sistema immunitario molto più che una vita sedentaria: anziani, malati cronici e anche persone sane, possono trarre vantaggio dall’attività fisica e dallo sport.
Resta aperta la questione sugli atleti d’élite, ma le evidenze riportate finora, suggeriscono che un allenamento graduale, sulla base delle possibilità personali, in assenza o limitando altri stress eccessivi, possa potenziare in modo considerevole il SI e diminuire il rischio infettivo, diminuire il tempo di guarigione ed in genere migliorare la qualità della vita, questo è evidenziato in pressoché tutti gli studi, sia epidemiologici che sperimentali.
Le linee guida, che vengono studiate anche in tutti i corsi di Scienze Motorie e presenti nel sito del ministero della salute, indicano nei bambini, attività fisica moderata di almeno un’ora al giorno, anche divisa in più momenti della giornata, o un misto tra attività moderata e intensa, comprendendo un minimo di 3 volte a settimana di sedute di rinforzo muscolare; negli adulti 30′ di attività moderata giornaliera, o un minimo di 150′ a settimana o 75′ di attività intensa o vigorosa, tra le quali almeno 2 sedute per il rinforzo muscolare.
Da notare che sono indicati i tempi minimi consigliati, anche se più non è sempre meglio, mediamente e per persone sane, dedicare gradualmente più tempo al movimento non può che dare ulteriori vantaggi.
Le stesse indicazioni valgono per la popolazione anziana, che deve mantenere uno stile di vita attivo.
Chi fa sport più intensamente, e bene programmato, ottiene allo stesso modo maggiori vantaggi contro malattie ed infezioni.
I casi di peggioramento, sembrano più causati da un cattivo dosaggio dello sforzo.
Riporto la tabella con le indicazioni per evitare il sovrallenamento, modificato per una persona che pratica sport amatorialmente e voglia migliorare le sue performance e al contempo le condizioni fisiche generali, continuare a mantenere un SI efficiente, limitare al minimo la probabilità di incorrere in infortuni:
- manipolazione del volume e dell’intensità, o l’uno o l’altro o tutti e due in modo inverso (se uno aumenta l’altro diminuisce);
- Incremento del volume o dell’intensità del 5% a settimana iniziando sempre da una situazione di modesto impegno per poi incrementarlo nelle settimane;
- Prediligere frequenti e brevi allenamenti a sedute più lunghe;
- Alternare fasi dell’allenamento ad alta intensità con bassa, moderata intensità, alternare allenamenti contro resistenza (pesi, calistenics, corpo libero) con allenamenti cardio, di endurance o HIIT (per chi è già molto allenato);
- Prevedere uno scarico del volume ogni 3-6 settimane o ciclo di allenamento mantenendo l’intensità.
La preparazione alle gare dovrebbe essere preceduto da una fase di scarico e rigenerazione in modo da arrivare al massimo della forma e riposati al giorno della competizione (picco).
Grazie se sei arrivato fin qui e buon allenamento, e contattami per qualsiasi domanda, dubbio o per chiedere una consulenza specifica sull’allenamento:
Riferimenti
- John P Campbell et Al – “Can exercise affect immune function to increase susceptibility to infection?”
- Hilde Grindvik Nielsen “Exercise and Immunity”
- Palmowski et Al – “The effect of acute running and cycling exercise on T cell apoptosis in humans: A systematic review”
- Christopher Weyh et Al – “Physical Activity and Diet Shape the Immune System during Aging”
- Candice et Al – “Upper Respiratory Symptoms, Gut Health and Mucosal Immunity in Athletes”
- Neil P. Walsh – “Recommendations to maintain immune health in athletes”
- David Christopher Nieman – “Exercise Immunology: Practical Applications”
- Okan S. – “The relationship between exercise capacity and neutrophil/ /lymphocyte ratio in patients taken to cardiopulmonary rehabilitation program”
- Walsh & Oliver – “Exercise, immune function and respiratory infection: An update on the influence of training and environmental stress”
- David C. Nieman & Bente K. Petersen – “Exercise and Immune Function”
- David B. Pyne et Al – “Mucosal immunity, respiratory illness, and competitive performance in elite swimmers”
- Luke Spence et Al – “Incidence, Etiology, and Symptomatology of Upper Respiratory Illness in Elite Athletes”
- Thomas G Weidner & Thomas L. Sevier – “Sport, Exercise,and the Common Cold”
- Thomas G Weidner – “Literature Review: Uper Respiratory ilnes and Sport and Exercis”
- Raymond C.H. So et Al – “Severe Acute Respiratory Syndrome and Sport Facts and Fallacies”
- Roy J. Shephard & Pang N. Shek – “Impact of Physical Activity and Sport on the Immune System”
- Roy J.Shephard & Pang N. Shek – “Potential impact of physical activity and sport on the immunesystem a brief review”
- Abarra Airnel T. – “Nutritional knowledge and practice on selected track and field coaches and athlete”
- Paolo Evangelista – “La scienza dell’allenamento (non solo) in palestra”
- Linee guida sull’attività fisica per fasce d’età e situazioni fisiologiche